Intelligenza artificiale in soccorso dei tribunali per ridurre i ricorsi

Se in un software di Intelligenza Artificiale venissero inseriti gli estremi delle sentenze per abbandono del tetto coniugale, nonostante l'illecito non venga più applicato, il sistema ci direbbe «condanna sicura». Questo perché il programma si evolve con l’algoritmo ma sulla base di una fotografia dei dati disponibili, che sono il passato. Il mutare degli orientamenti giuridici non segue una fredda equazione quanto, piuttosto, l’evoluzione di una società che solo l’uomo può essere in grado di interpretare. È anche per questo che il concetto di giustizia predittiva – meccanismo informatico che consente di sapere in anticipo come sarà decisa una determinata causa - è criticato persino da chi sta sperimentando l’AI come strumento di supporto al mondo giudiziario, ingolfato da arretrati insostenibili e attese irragionevoli. Dalle corti d’Appello di Brescia, Genova e Venezia, e dal gruppo di lavoro “Algoritmo nella società 5.0”, in seno all’Osservatorio per la giustizia Civile, si studiano modelli di  legal analytics applicati all’AI per creare super banche dati in grado di estrarre massime, consentendo di conoscere preventivamente gli orientamenti, così da avere un effetto deflattivo sulla presentazione dei ricorsi. Ma l’intenzione non è quella di affidare alle macchine le future previsioni. Claudio Castelli, presidente della Corte d’Appello di Brescia, tra i pionieri del processo telematico italiano, spiega che «quando si parla di AI nel settore giuridico, si parla di banche dati di giurisprudenza che, sfruttando un algoritmo, possono estrarre orientamenti prevalenti su determinate materie». Il progetto è in fase di studio con l’Università di Brescia ma anche con la Corte d’Appello di Genova in partenariato con la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.

Lo scopo non è quello di creare un sistema che sostituisce il giudice ma vedere come la macchina riesce a decidere e quali sono le regole che determinano le sentenze prese dal sistema.